Lâitaliano appartiene a un popolo di migranti. Nessun Paese dâEuropa contava alla fine del secolo scorso e nei primi anni del â900 tanti migranti come lâItalia. Lâemigrazione è un fenomeno complesso e articolato in varie fasi; cronologicamente la classificazione più diffusa ne propone quattro: 1. Dal 1876 al 1900 2. Dal 1900 alla fine della Prima Guerra Mondiale 3. Dal dopoguerra agli anniâ60-â70 4. Tra le due guerre La data 1876 indica la prima rilevazione ufficiale dellâemigrazione italiana. Molteplici possono essere le motivazioni che costringono ad emigrare: economiche, politiche, situazione di crisi e guerra, persecuzioni. Secondo le definizioni classiche lâemigrante è colui che intraprende una nuova vita fuori dal suo luogo di residenza oltre dodici mesi consecutivi. Oltrepassando nozioni e definizioni, lâemigrante è anzitutto un essere umano, che sente, che pensa, caricato sulle spalle di un fardello, la sua storia. Lâemigrante è dotato di grande tenacia e coraggio nellâabbandonare le sue radici, la sua famiglia e tutto ciò che fino a quel momento aveva costruito nella sua vita, per una strada incerta e irta di ostacoli. Lâemigrazione vastese, quella che a noi più interessa , è sicuramente legata alla figura e allâimpegno di Silvio Petroro, che si attivò dagli anniâ50 in una serie di iniziative, quali scambi culturali tra i giovani, feste del ritorno, feste dellâamicizia, con lo scopo di tenere sempre saldo il rapporto con gli emigrati abruzzesi, diventando per tutti noi un vero e proprio ambasciatore. Tra le varie iniziative che coinvolsero Vasto lasciando un segno indelebile, ricordiamo nel 1985 la costituzione dellâ Associazione â Pro Emigranti Abruzzesiâ; nel 1986 lâinaugurazione del monumento allâ Emigrante; nel 1989 il famoso gemellaggio che lega Vasto a Perth; ed infine lâinnalzamento della croce a Montevecchio per ricordare i caduti in terra straniera, e il posizionamento nel 1996 della pietra in quarzo nella villa comunale, pietra proveniente dalle miniera di Kangoorlie, nel Western Australia. Tra il 1890 e il 1940 come ci racconta nella sua sintesi storica Dino Raspa, 26.000 italiani approdarono in Perth. Venivano da diverse regioni italiane, divisi tra di loro da i vari dialetti, costumi, tradizioni; provenienti dalla Calabria, Sicilia, Lombardia, Toscana, Campania e Abruzzo. Degli abruzzesi, pochi furono quelli de LâAquila, Avezzano, Chieti e Pescara, un pugno di lancianesi, la maggior parte di essi partì da Vasto e dallâalto vastese: Pollutri, Scerni, Monteodorisio, San Salvo, Cupello ecc. Ma perché emigrarono in Australia? Per lâoro, per rifugio e per trovare un briciolo di opportunità in terra nuova, ricambiando il paese ospite con duro lavoro, energia e forza dâanimo. Eâ ammirevole lâimpegno dei vastesi nel ricreare le condizioni del loro â Habitat Naturaleâ con luoghi dâincontro, associazioni, club, che raccolgono tutti i vastesi a Perth. Quando Silvio Petroro andò in Australia nel 1985, poté assistere alla consegna da parte del sindaco di Stirling, dott. Terry- Tyzack di cinque ettari di terreno, su cui sarebbe sorto il â Vasto Clubâ. Con il â Vasto Clubâ, i vastesi ritrovarono parte della loro patria, divenendo parte integrante, membri attivi anche a Perth. Esaminando lâArchivio Statale di Perth, possiamo constatare che i primi pionieri provenienti da Vasto approdarono nel continente australiano dopo la Prima Guerra Mondiale, nomi come: MARINO LUIGI, marinaio fuochista, nato a Vasto il 22 giugno1886, aveva tatuaggi nel braccio destro, in particolare, una ballerina. MICHELE CICCHINI, nato a Vasto il 4 marzo 1884, anchâegli come lâamico risultava un fuochista marinaio. Un altro marinaio, LUIGI DATTILIO, nato a Vasto il 12 maggio 1873, toccò il porto di Fremantle il 20 maggio 1921. I flussi migratori divennero sempre più persistenti e Perth iniziò ad assumere tratti tipicamente vastesi. Il fenomeno dellâemigrazione scaturì un risveglio delle coscienze nelle persone che abbandonavano la loro patria. Aprì loro gli occhi su molti versanti, in primis lâimportanza della cultura e della scuola. Nelle lettere che i mariti spedivano alle proprie mogli, si raccomandavano con accuratezza di mandare ogni giorno i bambini a scuola, perché non câè cosa più brutta che vivere nellâignoranza. La realtà si è capovolta, se una volta eravamo noi ad emigrare, oggi abbiamo aperto le porte al mondo e ai numerosissimi immigrati presenti sulla nostra area. Ad ogni modo la separazione dalla terra di origine è sempre avvertita come frattura nella vita personale, come â Nellâ Addio ai montiâ di Lucia nei Promessi Sposi del Manzoni, che perde il suo mondo e disperata affida le sue sorti a Dio.