Al Teatro Rossetti, nei giorni scorsi, lâarcivescovo Bruno Forte replicava il dialogo con il filosofo Umberto Regina su âLa verità e il singolo. Filosofi e teologi davanti a Kierkegaardâ, per il secondo appuntamento delle 'Questio Quodlibetalis': un teatro gremito di un pubblico vario e attento, politici, autorità , gente comune, giovani, adulti, cristiani, laici, tutti uniti da un gemito comune: raccogliere qualche briciola di verità , una traccia di libertà , per squarciare il velo di ipocrisia e di perbenismo che ci rassicura e ci corazza dietro la quotidianità , le ideologie, il sentimentalismo religioso. Padre Bruno (lâarcivescovo si firma e si fa chiamare sempre così, donando senza riserve la bontà paterna di Dio) ha aperto il confronto su questo grande filosofo danese che, come diceva Karl Jasper, rappresenta uno spartiacque: âNostro compito per noi, che non siamo lâeccezione, è di pensare di fronte allâeccezioneâ e, soggiunge, citando Paul Ricoeur: âCome è possibile filosofare dopo Kierkegaard?â. Kierkegaard introduce lâimportanza della vis comica e del coraggio, umorismo e audacia nella fede. Padre Bruno si sofferma su queste due forze che devono partire dallâintimo di noi stessi, credenti e non, âsiamo molto più vicini di quanto si possa pensareâ e il pubblico lo seguiva con sguardi intensi e pensosi, di chi non è lì tanto per caso, ma vuole cogliere quellâoccasione per crescere, maturare unâintima conversione. Mi hanno molto impressionata due cose apparentemente banali: lâattenzione e il dialogo che poi ne è seguito. Anche, se credo, molte più persone avrebbero posto domande ai relatori. E non lo dico che per amore della verità : Lapenna e Tagliente, vicini al vescovo a porgli ancora domande, quando la conferenza si era conclusa. Credo che tutti siamo profondi cercatori della verità , oltre i muri e le maschere che ci mettiamo (o ci mettono). Qualche bimba gli ha delicatamente mostrato il disegno che lo ritraeva durante il discorso. âOccorre avere un coraggio umile e paradossale per poter afferrare tutta la realtà temporale in virtù dellâassurdo e questo è il coraggio della fedeâ (Timore e tremore, 62). âCredere esige coraggio: e lo esige anche perché ârende la vita enormemente ardua. Dappertutto dove câè Dio, ogni mezzâora è dâimportanza infinitaâ (Postilla, 508), con tutto il peso di responsabilità che ne consegue. à il coraggio di una decisione esistenziale in cui si gioca tutto: âLa decisione sta nel soggetto, lâappropriazione è lâinteriorità paradossale, châè specificamente diversa da ogni altra interiorità . Lâessere cristiano non si determina mediante il âciòâ del cristianesimo, ma mediante il âcomeâ del cristianoâ. Essere donne e uomini autentici è tutto in questo sforzo di essere e di osare, oltre le più comode e luminose certezze. FOTO di AMERICO RICCIARDI